INTERVISTA ALL'ASSESSORE REGIONALE DEL VENETO ALLA SANITA', MANUELA LANZARIN
«Organi, cornee, tessuti, salvano vite e regalano una vita migliore, come nel caso di persone con gravissimi problemi di vista che tornano a vedere, grazie anche alla Vostra benemerita attività. Non bloccare del tutto queste attività è stata una delle tante scommesse che abbiamo dovuto accettare e, il più delle volte, vincere»
Al termine della fase più difficile dell'emergenza Covid in Veneto, sulle pagine del nostro periodico sociale Un certo sguardo l'intervista all'Assessore Regionale alla Sanità.
Assessore Lanzarin, quali sono stati, a Suo parere, gli elementi chiave della reazione e della gestione veneta all’emergenza Covid 19, divenuta ormai un caso di studio a livello internazionale?
Quando il Covid apparve sulla scena italiana e internazionale, in Veneto con i primi due casi di Vò Euganeo, fu un brutto colpo, ma non inatteso. Eravamo ovviamente preoccupati, ma non impauriti. In poche ore, con il Presidente Zaia e i nostri esperti, le strategie erano già state individuate: chiusura totale del focolaio di Vò, tamponi a tutta la popolazione (andando con coraggio e convinzione contro tutte le linee guida, sbagliate, di allora), strettissima collaborazione con le Università di Padova e Verona e i loro scienziati, potenziamento degli ospedali, raddoppio delle terapie intensive, assunzioni di personale, tutto quello che serviva, un grande lavoro sul territorio, una Direzione Regionale Prevenzione operativa ed efficace. Già a gennaio avevamo attivato l’Unità di Crisi regionale e quelle delle singole aziende, e in seguito predisposto il Piano di sanità Pubblica. Abbiamo subito affrontato il potenziamento del territorio, con l’attivazione delle Unità Speciali di Continuità assistenziale, inviate a domicilio dei pazienti meno gravi per verificarne le condizioni e erogare le terapie, e i rischi connessi alle 330 case di riposo, con i loro ospiti e operatori. La campagna di tamponi e le verifiche a rotazione delle Usca hanno consentito di circoscrivere il rischio. Ci sono stati dei focolai preoccupanti e, purtroppo, molti anziani non ce l’hanno fatta, ma oggi possiamo dire, con un pizzico di orgoglio, che circa il 90% di queste strutture sono Covid-Free.
Pur nello stravolgimento delle strutture e dei processi sanitari, l’attività di donazione di organi e tessuti, compresa la donazione di tessuti oculari, è stata sempre garantita in ogni Ulss del Veneto, anche nelle settimane più drammatiche, permettendo una rapida ripresa dei trapianti. Come si è riusciti a ottenere questo risultato?
Anche nel momento più complicato della sua storia, un sistema sanitario efficiente come quello veneto non poteva bloccare un’attività salvavita come quella trapiantologica. I Centri Trapianto sono così diventati vere e proprie enclave blindate, dove proseguire, nei limiti del possibile, le attività. Sabato mattina 22 febbraio, riuniti in unità di crisi a Marghera, ci trovammo subito di fronte alla domanda: avremmo un trapianto da fare a Padova cosa facciamo? La risposta fu immediata: accettiamo l’organo e procediamo. Non abbiamo mai avuto alcun dubbio: si poteva e si doveva fare, questo come gli altri che si fossero presentati. Basti pensare che, in piena emergenza Covid, il Centro Gallucci di Padova ha realizzato il millesimo trapianto di cuore della sua storia. Organi, cornee, tessuti, salvano vite e regalano una vita migliore, come nel caso di persone con gravissimi problemi di vista che tornano a vedere, grazie anche alla Vostra benemerita attività. Non bloccare del tutto queste attività è stata una delle tante scommesse che abbiamo dovuto accettare e, il più delle volte, vincere.
Innumerevoli sono le ferite che gli ultimi mesi hanno lasciato nel vissuto di tante famiglie, nelle prove affrontate dagli operatori sanitari, nella drammatica crisi sociale seguita al diffondersi del Coronavirus. Ma abbiamo assistito anche ad una grande coesione sociale: sanitari, istituzioni locali, imprenditori, semplici cittadini, ognuno ha saputo fare la sua parte. Ancora una volta il Veneto è stato un esempio?
E’ stata una violenta tempesta, per il fisico dei malati, per il cuore e le menti di famigliari e amici, per la tenuta psicologica dell’intera società. Un lungo periodo durante il quale angoscia, paura dell’ignoto, la solitudine dovuta al lock down, l’onda di notizie drammatiche che arrivavano dai media e dai social (questi ultimi, purtroppo, ancora una volta inondati di bufale) ha messo tutti a dura prova, noi amministratori compresi. Ma il Veneto che tutti conosciamo, quello che non si arrende mai, ha subito fatto vedere di che pasta siamo fatti. E’ venuta fuori quella che il presidente Zaia ama definire “la squadra”. Tutti hanno dato tutto ciò che potevano: scienziati, medici e infermieri al fronte, la sanità territoriale, il volontariato in tutte le sue sfaccettature con la Protezione Civile che si è caricata di tutti gli aspetti della logistica donando 107.550 giornate/uomo di lavoro alla collettività, pari a un valore economico di 23.661.000 euro, l’impresa che non ha fatto mancare il suo aiuto economico, ogni singolo cittadino, rispettando le regole e contribuendo come poteva alle ingenti spese sanitarie quotidiane, al punto che il conto corrente istituito dalla Regione ha raggiunto quasi 60 milioni di contributi: grandi, piccoli, piccolissimi, come quelli commoventi di tanti bambini che hanno inviato le loro letterine e disegni, letteralmente incollando al loro interno un euro, due euro. Sì, ancora una volta il Veneto è stato un esempio, non solo dal punto di vista scientifico e sanitario, ma anche da quello umano, a cominciare da un fortissimo senso della collettività.