QUANDO IL DONO AIUTA LA RICERCA / Parte 2
"GLI STUDI COMPIUTI CON I TESSUTI DESTINATI ALLA RICERCA HANNO RIVOLUZIONATO IL TRAPIANTO DI CORNEA"
IL DOTTOR STEFANO FERRARI, RESPONSABILE DEL CENTRO RICERCHE, PARLA DEI PROGETTI REALIZZATI GRAZIE AI TESSUTI NON IDONEI AL TRAPIANTO
(da Un certo sguardo, il magazine di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, n. 2/ Luglio 2021)
Stefano Ferrari, quali sono stati i principali risultati raggiunti grazie allo studio sui tessuti destinati alla ricerca?
Il traguardo principale è di aver potuto realizzare tecniche di trapianto innovative che hanno letteralmente rivoluzionato la prassi del trapianto di cornea. Grazie a questi studi la cornea donata non viene più semplicemente sostituita a quella malata: in un numero sempre crescente di casi, i nostri biologi sono oggi in grado di selezionare solo sottilissimi strati di tessuto da trapiantare, per ridurre tempi e rischi durante l’intervento e soprattutto per curare in modo più efficace malattie come il cheratocono o le distrofie corneali. Tecniche che abbiamo imparato ad applicare grazie ai tessuti destinati alla ricerca.
Quali altri progetti sono stati messi in campo grazie a questi tessuti?
La ricerca sulle cornee ci ha permesso di studiare nuove tecniche di conservazione dei tessuti oculari: migliorare la qualità dei liquidi e delle sostanze che ne determinano il “nutrimento”, durante la loro permanenza in banca, assicura un risultato migliore del trapianto. Fare ricerca sui tessuti è inoltre un aiuto importante per il personale chiamato ad effettuare delicatissimi interventi con manovre complesse in cui si maneggiano lembi di pochi millesimi di millimetro di spessore. Fondazione Banca degli Occhi ha attivato negli ultimi anni vere e proprie sessioni di studio grazie ai tessuti per ricerca, i cosiddetti “Wet Lab”, coinvolgendo ricercatori, operatori della banca degli occhi, chirurghi oftalmologi da tutta Italia.
Esistono nuove frontiere per cui la ricerca sui tessuti oculari potrebbe risultare determinante?
Sicuramente. L’attività di donazione ci permette di analizzare da vicino anche tessuti della retina e proprio su questo abbiamo attivato diverse collaborazioni, ad esempio con il Tigem, l’istituto di medicina e genetica di Telethon. Molte patologie retiniche sono dovute ad alterazione dei geni. Tutti ormai sappiamo cos’è l’RNA: ebbene studiare le informazioni genetiche contenute nell’RNA della retina è molto più efficace rispetto ad analizzare un qualsiasi campione di sangue del paziente, e questo ci aiuta a comprendere meglio i meccanismi che regolano la natura e l’evolversi delle malattie.
Che sentimento genera in voi la consapevolezza che la vostra ricerca avviene grazie ad una donazione?
Tecnicamente, studiare da vicino un tessuto umano donato non è così diverso dal farlo a seguito di una biopsia o di un intervento chirurgico, in cui il chirurgo preleva una piccola porzione di tessuto per studiarlo. Ciò che ci responsabilizza in modo particolare, però, è il contatto diretto con i coordinamenti ospedalieri, dove avvengono le donazioni, e sapere che la nostra ricerca avviene grazie ad un gesto gratuito, di grande generosità e responsabilità sociale, come la donazione dei tessuti oculari. Dal punto di vista motivazionale, infine, ci aiuta la consapevolezza che il nostro lavoro può contribuire al conforto delle famiglie che vivono il dolore di una perdita importante.