INTRA-KER, PRIMA CORNEA ARTIFICIALE IBRIDA FRUTTO DELLA RICERCA ITALIANA
INTRA-KER, PRIMA CORNEA ARTIFICIALE IBRIDA FRUTTO DELLA RICERCA ITALIANA: RASHA, RESA CIECA DALLE SCHEGGE DI UNA BOMBA, TORNA A VEDERE
Un’esplosione nel 2012 durante la guerra in Siria l’aveva privata della vista ad entrambi gli occhi. L’innesto della prima cornea artificiale ibrida, frutto della ricerca italiana, le ha restituito tre decimi di acuità visita e la possibilità di tornare a vedere. Rasha, rifugiata palestinese dalla Siria, è una dei primi tre pazienti sottoposti al trapianto della prima cornea artificiale ibrida, sviluppata in Italia e pensata per persone ad alto rischio di rigetto.
INTRA-KER, LA PRIMA CORNEA ARTIFICIALE ITALIANA. La nuova cornea artificiale si chiama Intra-ker, è stata messa a punto dal prof. Massimo Busin dell’Università degli Studi di Ferrara in collaborazione con Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS, ed è un dispositivo sintetico che viene inglobato all’interno di due strati di tessuto corneale proveniente da donatore ed innestato nell’occhio del paziente. “Ogni anno nel mondo si effettuano 185mila trapianti di cornea, tuttavia 7mila trapianti falliscono e 12.7 milioni di cittadini a livello globale restano in attesa di trapianto. Il dispositivo Intra-ker è stato ideato come una protesi ottica intracorneale e può essere utilizzato come cornea artificiale in interventi ad hoc, a scopo compassionevole, in pazienti per i quali il normale trapianto di cornea sistematicamente fallisce perché l’occhio non tollera la cornea da donatore” spiega il prof. Massimo Busin, ordinario all’Università di Ferrara. “Il dispositivo in polimetilmetacrilato si compone di una parte ottica centrale e di estremità periferiche che servono a stabilizzare la protesi nell’occhio – spiega il chirurgo oftalmologo – la protesi viene inserita avvolta da due sottili innesti di cornea da donatore, forniti dalla banca degli occhi e ricavati dall’isolamento di uno strato interno, chiamato “pre-descemetico”, spesso solo una decina di micron. Questi due sottili lembi evitano il rischio di estrusione della protesi e, vera chiave di volta di questo processo, mantengono nel tempo la loro trasparenza permettendo al paziente di tornare a vedere. Un dato che, in chirurgia corneale, non era mai stato osservato prima”. I primi tre interventi, effettuati su altrettanti pazienti tra febbraio e maggio 2024 presso le strutture di Ospedali Privati Forlì, a distanza di oltre quattro mesi offrono risultati incoraggianti.
LA FUNZIONE DEI TESSUTI DA DONATORE. Anche per la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto, responsabile della validazione e dell’invio dei tessuti provenienti da donatore, si tratta della prima preparazione di tessuto per trapianto di questo genere: “Per il mondo dell’eye banking è il primo trapianto dello strato profondo della cornea senza endotelio, una novità assoluta – afferma Diego Ponzin, Presidente di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto – per accompagnare il dispositivo artificiale i nostri tecnici hanno isolato due tessuti ricavati da due donatori, che nella sezione centrale prevedono solo questo strato quasi impercettibile chiamato “pre-descemet”. Dalle analisi condotte in Fondazione Banca degli Occhi emerge che questa porzione conserva intatta una trasparenza del 70 per cento”.
Il trapianto di cornea artificiale ideato dal prof. Massimo Busin con l’ausilio della banca degli occhi veneta, si trova oggi al centro di un progetto di ricerca finanziato dal PNRR e guidato dal prof. Teresio Avitabile, ordinario dell’Università degli Studi di Catania, che vede coinvolti per la fase clinica anche il prof. Vincenzo Scorcia dell’Università degli Studi Magna Græcia di Catanzaro e il prof. Marco Mura dell’Università di Ferrara.
I PRIMI INTERVENTI: RASHA TORNA A VEDERE. Intanto sono già stati effettuati i primi tre interventi di trapianto artificiale su altrettanti soggetti e con risultati al momento promettenti. In pochi mesi è già radicalmente cambiata la vita di Rasha, 43 anni, rifugiata palestinese dalla Siria giunta in Italia nel 2016 insieme alla famiglia e ai tre figli. “Erano ancora piccoli quando, a causa dell’esplosione di un ordigno a distanza ravvicinata, ho perso quasi completamente la vista, percependo a malapena sensazioni di luce ed ombra da un unico occhio” dice Rasha. Segnalata dall’ETS ULAIA ArteSud ODV che se ne era fatta carico fin dal suo arrivo in Libano nel 2012 nel campo profughi palestinese dove l’associazione opera, Rasha è arrivata in Italia nel 2016 nell’ambito del corridoio umanitario di Federazione Chiese Evangeliche, Tavola Valdese e Comunità di Sant’Egidio. “A Damasco Rasha subisce un trapianto di cornea bilaterale, un occhio finisce con il rigetto mentre l’altro, all’arrivo in Libano, presenta ancora i punti di sutura che, ormai induriti, le provocano dolori lancinanti” racconta Olga Ambrosanio, presidente dell’associazione ULAIA. “Ora Rasha vive a Roma con la sua famiglia, l’abbiamo seguita e aiutata nel quotidiano, ma, continua Ambrosanio, sempre rincorrendo l’opportunità di trovare un giorno la possibilità di migliorare la condizione di questa giovane mamma destinata alla cecità totale. L’occasione si è presentata quando le ricerche fatte dalla dottoressa Luciana Poliandri, nostra associata, ci hanno portato alla Fondazione Banca degli Occhi del Veneto. L’approccio è stato una lettera indirizzata al dott. Ponzin, la risposta immediata, e altrettanto il primo appuntamento”.
“Gli occhi di Rasha sembrava non avessero alternativa, ma il consulto chiesto da Mestre al prof Busin riaccese un barlume di speranza. Quella speranza è diventata oggi il successo innanzi descritto. Rasha è stata sottoposta a trapianto lo scorso 29 maggio a Forlì, dove il prof. Busin stava mettendo a punto la sua cornea artificiale – continua Olga Ambrosanio -. Quando due giorni dopo l’intervento le hanno tolto la benda e la collega mi ha informato che Rasha vedeva, mi sono precipitata in ospedale comprando un giornale che lei poi, tenendolo fra le mani, è riuscita a leggere. Era il 1 giugno 2024, a Forlì, all’Ospedale Villa Igea”.