LA MEDICINA DELLE DONAZIONI
QUELLA CARTELLA CHIUSA CHE SI RIAPRE... COSì NASCE LA MEDICINA DELLE DONAZIONI
di Ilaria Zorzi, Responsabile Medicina delle Donazioni di Fondazione Banca degli Occhi del Veneto
C’è un gesto che compie il medico prelevatore, come prima azione dell’intervento che prelude alla donazione dei tessuti oculari: è la riapertura della cartella clinica del donatore. Quella cartella clinica che si credeva chiusa per sempre, che racconta di una vita che si è conclusa, consumata dalla malattia, o interrotta bruscamente da un incidente, quella cartella in quel momento si riapre, ha di nuovo un percorso da affrontare, ha ancora un futuro. E un medico che se ne prende cura. Crediamo fermamente che la Medicina delle Donazioni sia una medicina a tutti gli effetti, con un personale sanitario dedicato, un donatore che necessita di cure e attenzioni, una famiglia che va affiancata e sostenuta, e pazienti che possano trarne beneficio. Anche se nel mezzo c’è un aspetto che spesso si preferisce allontanare, quello della fine della vita.
La morte viene considerata, paradossalmente, un tabù anche dalla stessa medicina e da chi la pratica, non per paura o scaramanzia come invece può capitare a chiunque la affronti da testimone «passivo», ma perché la morte per i medici e gli operatori sanitari in generale è il perfetto paradigma della sconfitta e del fallimento. Quando arriva la morte, il medico ha fallito. O, almeno, questa è la forma di pensiero a cui noi medici siamo abituati fin dalla formazione universitaria. Negli ospedali questo è particolarmente evidente se si guarda alla posizione di obitori e celle mortuarie, spesso relegati ai sotterranei degli ospedali, oltre che alla relazione con il personale che se ne occupa. Le strutture sanitarie che si occupano di donazione raccontano invece di un modo diverso di fare medicina, ci sono medici senza il camice, che dalla riapertura della cartella clinica in poi applicano una medicina che funziona al contrario rispetto a quello che ti insegna l’università: dalla morte ricavano vita. E operatori, come coloro che operano nella Medicina delle Donazioni, che dalla morte possono aiutare le persone e le famiglie a generare qualcosa di nuovo, di bello, di utile a migliorare la qualità di vita di migliaia di pazienti.
Grazie all’intervento del Coordinamento Regionale Trapianti del Veneto e alla riflessione condivisa con i diversi interlocutori che incontriamo nel nostro lavoro, è nato il bisogno di dare un nome a questa medicina che un tempo si chiamava “procurement” (in inglese “approvvigionamento”) e che oggi chiamiamo invece Medicina delle Donazioni. Insieme ad esperti della medicina dei trapianti, rianimatori, psicologi e filosofi, abbiamo sviluppato l’idea della donazione come “un nuovo percorso di cura per le famiglie e i riceventi”, condividendolo anche con le realtà che in Italia e all’estero si occupano di donazione. Abbiamo scelto di trasformare il termine “procurement”, ampliandone il significato, da un processo legato al fine vita, alla realizzazione di un nuovo percorso che si prende cura di famiglie e riceventi in attesa di trapianto.
Citiamo sempre volentieri il pensiero del filosofo e scrittore Nicolás Gómez Dávila: «Non potendo parlare sempre della morte, tutti i nostri discorsi sono banali». Ebbene quando e se vedrete i nostri medici varcare la soglia degli ospedali, guardateli per quello che sono. Professionisti dedicati al prendersi cura, portatori di vita.