FRANCESCO CANNITO, L'ULTRARUNNER IN FIFì, ALLA MARATONA DI ROMA PER FONDAZIONE BANCA DEGLI OCCHI
"Lungo il percorso aiuto le persone, la signora che vuole arrivare sotto le quattro ore, quel ragazzo che l'aveva promesso al figlio... Tutte le teorie davanti al mio abito cadono"
Francesco Cannito, l’ultramaratoneta “che ogni gara vorrebbe avere” (Cit.), ha tagliato il traguardo della Maratona di Roma per aiutare Fondazione Banca degli Occhi del Veneto e chi soffre di malattie oculari.
L’immagine scelta da Francesco per la sua iniziativa di raccolta fondi “Insieme per Fbov”, aperta sul sito Rete del Dono, dice tutto: la bombetta e il fifì con cui è conosciuto in tutta Italia, le braccia aperte, allargate in un sorriso ormai inconfondibile, l’abito (quello del matrimonio di sua figlia!) che spicca all’arrivo tra i runner, le insegne degli sponsor e il pubblico in festa. Basta guardare il suo sorriso divertito e sincero, al traguardo dell’ennesima maratona, per volergli già bene. Come gliene vogliono centinaia di runners italiani, amici che sanno che per un consiglio, un aiuto, anche solo una battuta allegra nella sofferenza del 30esimo chilometro, su di lui possono sempre contare.
Francesco Cannito alla Maratona di Roma, il 19 marzo 2023
Francesco, perché hai scelto di correre Roma per Fondazione Banca degli Occhi?
Io sono stato sempre fortunato, ho tutto quello che mi serve, e dare una mano a chi ha bisogno mi fa piacere! Così ho accettato la proposta di Paola (Paola Caroli, ndr).
Quando hai cominciato a correre?
Ho iniziato a 50 anni, finivo di lavorare e andavo in campagna. Un amico mi diceva sempre: vieni a correre! Ad un certo punto gli ho risposto: domani vengo, non ti voglio sentire più! Feci tre chilometri e mi buttai a terra. Ma i 40 come si fa? La notte pensai: gli altri ci riescono, perché io no? Il giorno dopo andai a comprare le scarpe. Quando mi metto in gioco lo faccio sul serio…
E hai iniziato ad allungare i chilometri…
I primi anni non sono stato costante. Poi ho conosciuto un fisioterapista, Bruno Gagliardi, mi disse: Francesco se corri così ti farai sempre male, allora lui mi ha insegnato a tenere l’appoggio giusto. Sono arrivato a correre l’Atene Sparta Atene, a fare 490 chilometri. Prima dopo 40 stavo fermo dieci giorni.
Hai attraversato traguardi leggendari! Come si diventa ultramaratoneti?
Dalle maratone sono passato alla 100 km del Passatore, poi quando inizi a fare quelle gare cominci a conoscere gli ultra maratoneti. L’Atene Sparta Atene è la corsa che tutti vorrebbero fare. Poi ho avuto la fortuna di incontrare un allenatore, Enrico Vedilei, che mi disse: “Tu puoi farcela perché hai la testa. Tu arrivi”. Il massimo tempo di percorrenza erano 104 ore, io ho impiegato 96 ore e 21 minuti. La gente mi guardava con gli occhi sgranati: su 40 ultrarunner di tutto il mondo, arrivai 12esimo!
E il tuo stile inconfondibile? Ormai sei ultrarunner… ultra amato!
Anche durante le maratone accompagno le persone, un giorno mi sono vestito da Babbo Natale, al 30esimo una signora mi disse: fammi un regalo Babbo Natale, fai arrivare prima delle quattro ore? “Di che partito sei?” le chiesi. Se sei comunista alza il pugno, se hai tuo figlio all’arrivo lo devi salutare. Arrivammo in 3 ore e 58. Un’altra volta ho incontrato lungo il percorso un ragazzo che voleva correre la prima maratona. A ogni chilometro, gli dissi, mi devi chiamare. Lui verso il 31esimo disse che mi voleva abbandonare. Aveva promesso a suo figlio che se andava bene la chemio avrebbe preso la medaglia… Gli dissi: vedrai che ti metterai a piangere alla fine. E così è stato!
Perché corri in costume?
Quando fai qualcosa di duro, la testa molto spesso non è abituata a reggere lo stress. Eppure la testa può pensare solo a una cosa. Se tu le fai pensare che devi arrivare al traguardo, non pensi più a niente. Se metti l’abito certo poi lo vorresti togliere, ma alla testa gli dici: vai al traguardo! Se riesci a diventare amico della sofferenza ce la fai.
Ma quell’abito da matrimonio da dove viene?
E’ quello del matrimonio di mia figlia! La prima volta fu alla Maratona di Ravenna. Una signora mi chiese: ma perché è vestito così? Gli risposi che ero arrivato in ritardo! Tutte le teorie davanti all’abito cadono. Due anni fa, a Venezia, partimmo che faceva freddo. Al 30esimo chilometro la gente era esausta e accaldata, io col freddo e col caldo correvo sempre. Mi chiedevano: ma come fai? E’ un modo per dire: vai avanti! Con quel vestito ho corso New York, Chicago, ormai tutti se lo ricordano…
Come mai hai scelto di correre a Roma per Fondazione Banca degli Occhi del Veneto?
Io sono molto amico di Paola Caroli, l’ho conosciuta con mia moglie a messa. Un giorno mi ha chiamato, mi ha raccontato di correre per la Fondazione, mi ha chiesto di diventare un ambassador per la raccolta fondi, io dissi eccomi: sono a disposizione! A Venezia non sono potuto arrivare, dovevo fare Roma! Ed eccomi qua…