L'EDITORIALE - LUCI E OMBRE SULLA RICERCA ITALIANA
di Diego Ponzin, oculista. Adriano Fasolo e Stefano Ferrari, ricercatori.
Grazie alle donazioni e alla ricerca, negli ultimi dieci anni la chirurgia in campo oftalmologico e le scienze della visione hanno fatto progressi enormi. Il trapianto selettivo di singoli strati corneali ha soppiantato il trapianto perforante e le banche degli occhi preparano tessuti oculari specifici e pronti all’utilizzo, con riduzione dei tempi di chirurgia e miglioramento dei risultati clinici. L’utilizzo di tecnologie basate sulla terapia cellulare o genica sta prendendo piede negli ospedali italiani con prodotti basati su cellule staminali del limbus corneale, virus modificati o fattori di crescita ricombinanti.
Per produrre terapie applicabili all’uomo, le ipotesi scientifiche devono essere testate su organi, tessuti e cellule umani. Tali campioni non sempre possono essere recuperati da donatori viventi ed è per questo che organi e tessuti donati per trapianto, ma non idonei a causa di controindicazioni del donatore o scarsa qualità biologica, diventano fondamentali per la ricerca.
Nel 2006 un gruppo di lavoro nazionale, istituito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, pubblicava le Linee guida per l’istituzione e l’accreditamento delle biobanche, i laboratori deputati a conservare e distribuire i tessuti per ricerca. Tale documento ribadiva che organi, tessuti, cellule, donati a scopo di trapianto ma non idonei all’utilizzo clinico, possono essere usati per la ricerca, purché siano garantiti requisiti di partecipazione volontaria, gratuità, anonimato e tracciabilità dei dati.
In Veneto tutto questo è sempre avvenuto nel rispetto di tali indicazioni. In particolare, il parente del donatore è informato, al momento della donazione, che i tessuti potrebbero non essere adatti al trapianto, e può dare il consenso per usi alternativi, come la ricerca e la formazione, a condizione che tali attività possano migliorare la conoscenza nel campo delle malattie oculari. La maggioranza dei parenti aderisce a tale proposta, e i tessuti oculari per uso non-clinico sono distribuiti a chirurghi, scienziati, istituzioni e società scientifiche. I vantaggi sono enormi: medici e ricercatori verificano le ipotesi su modelli adeguati, e le famiglie dei donatori trovano un ulteriore motivo di conforto nel sapere che il dono del loro famigliare ha contribuito al progresso della medicina.
Nel 2020, la Gazzetta Ufficiale pubblica la legge 10 febbraio 2020, n. 10: Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica. Si tratta di un provvedimento che prevede che il consenso alla donazione post mortem del proprio corpo o dei tessuti per fini di ricerca, debba essere redatto nelle forme previste per le dichiarazioni anticipate di trattamento, un atto pubblico che consente ai cittadini di stabilire le cure nel proprio fine vita, e il destino del proprio corpo. Una norma fondamentale per la partecipazione consapevole di tutti alle attività di ricerca.
Tutto bene, no? E allora perché parliamo di luci ed ombre?
Le scelte legislative hanno un ruolo foindamentale nell’incoraggiare, frenare o impedire le attività umane, specialmente nel nostro campo e le difficoltà della ricerca non si limitano solo allo sforzo necessario a fare scoperte interessanti e definitive, o al reperimento delle risorse.
Nel novembre 2021, una doccia fredda: l’Ufficio Legislativo del Ministero della Salute vieta l’utilizzo per ricerca scientifica di organi e tessuti prelevati a scopo di trapianto, ma ritenuti non idonei, consentendo la sola esecuzione di attività di validazione e formazione strettamente finalizzate al miglioramento dei trapianti stessi. Il motivo della decisione è di natura strettamente giuridica: si ritiene che non vi siano i presupposti legali per chiedere ai famigliari del donatore di testimoniare la volontà del loro congiunto relativamente all’utilizzo del proprio corpo per la ricerca. Purtroppo la legge del 2020, sulla disposizione del corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica, non è operativa e, in mancanza di fonti di organi o tessuti umani, un numero rilevante di progetti, su tutto il territorio nazionale, viene interrotto come conseguenza di questa decisione, o procede, paradossalmente, con tessuti e cellule importate dall’estero.
All’inizio del 2022, la Gazzetta Ufficiale pubblica il DM del 30 novembre 2021, che stabilisce le modalità di cessione di dati e risultati di sperimentazioni cliniche e di studi osservazionali con farmaco eseguite senza scopo di lucro, e il loro utilizzo a fini di registrazione. Ne risultano valorizzate le potenzialità della ricerca no-profit, come la nostra, vitale bacino di idee e innovazione, e di fatto bloccata dal precedente provvedimento. Quello che dovrebbe essere uno stimolo per un’efficace collaborazione tra pubblico e privato, a beneficio dei pazienti, e a sostegno di un’efficiente filiera di ricerca e sviluppo di nuove soluzioni terapeutiche, rappresenta per noi di Fondazione un’irrealizzabile contraddizione.
In considerazione della rilevanza etica e clinica di questi temi, e della mancanza di fonti alternative di cellule umane auspichiamo, da parte delle autorità preposte, un’iniziativa per far uscire la ricerca italiana da questa zona d’ombra.
Riteniamo che organi e tessuti dei donatori siano di vitale importanza per la formazione e la ricerca, e che il loro utilizzo non chirurgico, se effettuato secondo rigorosi limiti etici e legali, corrisponda pienamente al motivo centrale della donazione, che è di aggiungere significato alla morte, e soddisfare il bisogno di salute dei pazienti.