L'INTERVENTO. FRATELLI E SORELLE, SOLIDALI
don Renzo Pegoraro
Cancelliere Pontificia Accademia per la Vita
FRATELLI E SORELLE, SOLIDALI
di Don Renzo Pegoraro
Cancelliere Pontificia Accademia per la Vita
L’esperienza di pandemia che stiamo ancora vivendo (anche se appaiono segnali incoraggianti del suo superamento), ha messo in evidenza i nostri legami e interconnessioni come membri della comunità umana, comunità che abita la “casa comune”. Stiamo recuperando il vecchio adagio “che l’unione fa la forza”, cioè che insieme possiamo affrontare il contagio e combatterlo; perché non ci si salva, se non insieme.
Anche la vaccinazione è un impegno sociale e solidale, perché ottengo una protezione non solo per me stesso, ma anche per i miei familiari e l’intera società; e così proteggo anche quelle persone che per motivi medici non possono vaccinarsi.
Occorre allora superare una visione individualistica, ripiegata su se stessa e su prospettive di breve respiro e corto raggio, che non aiuta la crescita della comunità e la cura delle persone più fragili e bisognose.
Papa Francesco ha ricordato la necessità di “recuperare la passione condivisa per una comunità di appartenenza e di solidarietà, alla quale destinare tempo, impegno e beni”.
Infatti, il Papa ci ricorda che essere solidali caratterizza la nostra condizione umana e ci impegna tutti. Solidarietà vuol dire consapevolezza della nostra fraternità (“Fratelli tutti”, è il titolo della sua recente Enciclica), e diventa volontà di aiutarci, sostenerci, farci carico dei bisogni altrui.
Solidarietà è quindi richiamo alla nostra coscienza per sentirci uniti nell’“amicizia sociale”, appartenenti alla grande famiglia umana, ricca di legami, relazioni, affetti, speranze.
Il tutto si traduce in azioni: iniziative sociali, politiche, organizzative, per cooperare negli sforzi di sviluppo socio-economico, salute, promozione umana.
Solidarietà è saper riconoscere i bisogni del fratello/sorella e rispondere secondo le proprie possibilità di vicinanza e di dono. Il reciproco aiuto si esprime nella capacità di donare qualcosa di sé, per dare sollievo, condividere gioia, alimentare speranza, nel presente e nel futuro; anche dopo la morte.
I trapianti si collocano in questa prospettiva. Giovanni Paolo II ricordava nell’agosto 2000:
“Confido che non manchi, da parte di quanti hanno responsabilità sociali, politiche ed educative, un rinnovato impegno nel promuovere un'autentica cultura del dono e della solidarietà. Occorre seminare nei cuori di tutti, ed in particolare dei giovani, motivazioni vere e profonde che spingano a vivere nella carità fraterna, carità che si esprime anche attraverso la scelta di donare i propri organi”.