IL DONO, UN GESTO EVERSIVO CHE PUO' ISPIRARE LA SOCIETA'
Ci sono quelli che danno poco
del molto che hanno
e lo danno per ottenerne riconoscenza;
e il loro segreto desiderio guasta i loro doni.
E ci sono quelli
che hanno poco e danno tutto:
sono proprio loro
quelli che credono nella vita,
e nella generosità della vita,
e il loro scrigno non è mai vuoto.
(Kahlil Gibran)
In questa riflessione ecco alcuni dei temi emersi in un convegno realizzato l'anno scorso da Fondazione Banca degli Occhi, Ordine dei Medici di Venezia e Fondazione Ars Medica, dal titolo Donazioni: vite per la vita
di Ornella Mancin, Presidente Fondazione Ars Medica
Parlare del dono e del donare può risultare alquanto inattuale oggi, in una società in cui ognuno persegue il proprio interesse, dove la normalità è il guadagno, il profitto e l’accumulo; dove i rapporti risentono di un individualismo crescente che mette al primo posto l’interesse dei singoli e dove ogni azione trova giustificazione dentro la logica del vantaggio. Viene quindi da chiedersi se c'è ancora spazio per il dono oggi in una società che ha come paradigma l' “Homo oeconomicus”.
DARE, RICEVERE, RICAMBIARE?
Ma cosa si intende per dono? Chi per primo cercò di definire la natura del dono è stato un antropologo, Marcel Mauss, che nel suo saggio del 1924 parla del dono come di un atto istitutivo, di una relazione che comporta un triplice movimento: il dare, il ricevere e il ricambiare (“Sul Dono”, M.Mauss). Questa concezione ritenuta da molti ancora valida, presuppone che al dono corrisponda sempre una risposta, un contraccambio che di per sé annulla la gratuità che implicitamente sottende alla donazione, pur evidenziando che la reciprocità è auspicata ma non pretesa. E’ una visione che risente della concezione socio-economica della nostra società che vede il dono inserito nella logica dello scambio: il dono avviene quasi sempre o in un contesto più o meno diretto di reciprocità o a fronte di un’aspettativa di guadagno di prestigio da parte del donatore.
L’ALTRO DONO: DAL VOLONTARIATO ALLA DONAZIONE
Molti studiosi che si sono succeduti dopo Mauss (tra cui Derrida, Jean-Luc Marinon, Jacques Godbout) hanno evidenziato la necessità di superare il concetto di dono come mero scambio reciproco. Nella nostra società, se si guarda con occhi attenti, non mancano esempi di persone capaci di donare in modo diverso, senza l'attesa della reciprocità. Si pensi al volontariato, all’economia del non-profit, a chi fa dono del tempo e soprattutto a chi dona organi e tessuti; ambiti tutti che sono accomunati da una logica diversa da quelle dominanti del profitto e dell'utilitarismo.
DONO, GESTO DI LIBERTA’ E DI RELAZIONE
Esiste quindi un “dono” che non richiede una reciprocità, che può essere totalmente gratuito, un atto di pura generosità? Enzo Bianchi (Priore di Bose) in una sua lezione magistrale al Festival della Filosofia a Modena nel 2012 ha definito il donare come la capacità di “consegnare un bene nelle mani di un altro senza ricevere in cambio alcunché” e ha precisato che nel “donare c'è un soggetto, il donatore, che nella libertà non costretto, e per generosità, per amore fa un dono all'altro, indipendentemente dalla risposta di questo. Donare è quindi un movimento asimmetrico che nasce da spontaneità e libertà”.
IL GESTO EVERSIVO DEL DONO
Questo concetto di dono è in grado di disegnare un soggetto nuovo che esprime un atto, una scelta personale in assoluta libertà, un atto gratuito per eccellenza senza reciprocità alcuna, dove i beni donati diventano veicoli di relazione e non semplici strumenti di scambio. C'è quindi un cambio di paradigma che ci porta dall' “homo oeconomicus” all' “homo reciprocus” che ha nelle interconnessioni con gli altri la sua base, che nega l'uomo autosufficiente, l'uomo autarchico e fa sì che il donatore accenda una relazione “non generata dallo scambio, dal contratto, dall'utilitarismo” mettendo così in atto “un gesto eversivo” che genera un “Debito Buono, un debito dell'amore che ciascuno ha verso l'altro nella comunità” (Enzo Bianchi). Questa concezione del dono come modalità relazionale è una spinta quanto mai necessaria in una società che percepisce l'altro come un nemico o un rivale, che vive una crisi economica persistente che ci rammenta l'inadeguatezza e l'insufficienza delle economie di mercato e che vede un aumento della aggressività che alimenta il dilagare di conflitti in varie parti del mondo. C'è la necessità morale della gratuità, di gesti solidali in grado di restituire segni di speranza e di pace a intere comunità e territori. Il dono diventa cosi fattore costitutivo del vivere comune.
LA DONAZIONE D’ORGANI E TESSUTI
La massima espressione di questa forma di dono è sicuramente la donazione di organi e tessuti, che può essere considerata una delle più alte espressioni di gratuità, l'essenza stessa del dono.
L’atto della donazione che mette a disposizione parti del corpo umano è un atto che rispetta il principio della gratuità, è un gesto circondato da profondo rispetto morale, considerato lo scopo solidaristico che si intende realizzare e alimenta un sistema circolare di relazioni interpersonali nel quale tanto più si dà tanto più si riprende, senza però contestualità come è invece nello scambio oneroso.
E’ il dono di parte di sé (o di un proprio caro deceduto) che uno compie senza aspettarsi nulla in cambio, senza sapere chi è quello che riceve, con la sola convinzione che si sta facendo del bene a qualcuno e che questo “bene” è capace di immettere valori buoni nel tessuto sociale, capace di creare legami tra le persone. E' il dono che più si avvicina al dono supremo della vita che nella concezione cristiana ha la sua massima espressione nella morte in croce di Gesù Cristo per la salvezza di tutta l'unanimità (“Non c'è amore più grande che dare la propria vita” Giov.15,13).
DONO, “DEBITO D’AMORE” CHE ISPIRA LA SOCIETA’
Il dono smette così di essere uno scambio di merci, sola donazione di ciò che si possiede, e diventa capacità di rapportarsi con gli altri, di entrare in relazione con l'umanità donando se stessi e ciò che si è. E questo è il vero dono che ha nella gratuità la sua essenza, che è capace di produrre gioia a chi dona e alimenta l'amore verso gli altri.
In questo modo si concretizza l'unico debito possibile secondo Enzo Bianchi che è il “debito dell'amore” perché il “donare non può essere sottoposto alla speranza della restituzione, di un obbligo che da esso nasce, ma lancia un chiamata, desta una responsabilità, ispira il legame sociale”.
Di questa tipologia di dono ha molto bisogno oggi la nostra società e se è vero che il donare è un'arte come l'amore, allora ognuno di noi può esercitarsi a impararla e ogni volta che riusciremo a donare veramente sapremo di aver contribuito ad aumentare quel “debito d'amore” di cui ha molto bisogno l'umanità intera.