LA DONAZIONE E IL TRAPIANTO DI CORNEA: GLI ESPERTI SIBO RISPONDONO
PERCHE' LA CORNEA DI UN DONATORE ANZIANO PUO' AIUTARE UN PAZIENTE GIOVANE?
Risponde il dott. Marco Luporini
U.O.C. Centro Conservazione Cornee P. Perelli, LUCCA
L’aspetto fondamentale, quando si parla di match tra donatore e ricevente nel trapianto di cornea, è la qualità dell’endotelio corneale, cioè le caratteristiche presentate dalla parte posteriore della cornea del donatore. Siamo portati a credere che i tessuti di un donatore di giovane età presentino spontaneamente caratteristiche biologicamente migliori, invece è stato notato a più riprese che l’endotelio di donatori di età avanzata può essere spesso anche più performante. L’aspetto fondamentale è quindi abbinare non tanto l’età dei soggetti quanto le caratteristiche specifiche del tessuto da innestare.
Da cosa dipenda questa variabilità, nella cornea, non è ancora del tutto chiaro. Nei libri leggiamo che, a differenza di altre parti della cornea rigenerate grazie alle cellule staminali contenute nel limbus, l’endotelio corneale rimane tale nel nostro occhio per tutta la vita e non si rigenera, ma gli ultimi articoli scientifici sul tema hanno posto dei dubbi. Una minima capacità reduplicativa pare persista. Noi stessi spesso rimaniamo stupiti di fronte alle caratteristiche presentate dalle cornee di donatori che a 75 anni presentano una cosiddetta “densità cellulare” ben migliore e non paragonabile ad altri tessuti di donatori magari quarantenni.
Da cosa dipenda questo meccanismo è ancora in parte ignoto. Alimentazione? Genetica? Una possibilità potrebbe essere legata a meccanismi simili a quelli che regolano la fertilità della donna: tutti nasciamo con un certo numero di cellule nella nostra cornea, e sappiamo che la densità endoteliale cala al momento della nascita per poi proseguire più lentamente nel corso della nostra vita. Per alcuni di noi, questo calo potrebbe essere minore e garantire così anche in età avanzata un’ottima disponibilità di cellule. Se poi influiscano anche fattori quali l’alimentazione, l’alta o la bassa esposizione agli schermi, o il contenimento dello stress ossidativo, questo ancora non è del tutto chiaro e rappresenta, oggi, una materia di studio.