PER LA CURA DELLO PTERIGIO, UN NUOVO FRONTE DI APPLICAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI OCULARI DELLA CONGIUNTIVA
Foto: nell'immagine in alto una rappresentazione dello pterigio dell'occhio. Sopra il prof. Giorgio Marchini alla guida della Clinica Oculistica Universitaria di Verona, sotto il prof. Emilio Pedrotti.
La nuova tecnica sviluppata dalla Clinica Oculistica dell'Azienda Ospedaliera Integrata di Verona e dal Centro Ricerche di Fondazione Banca degli Occhi
COS'E' LO PTERIGIO
La chiamano “la malattia dei pescatori”, perché colpisce più spesso chi trascorre molte ore in ambienti aperti, esposto al sole. Lo Pterigio è un tessuto fibroso che cresce sulla superficie della congiuntiva, la “parte bianca” dell’occhio: può invadere la cornea e causare deficit visivi, e richiede la rimozione chirurgica con una terapia e interventi a tratti invasivi per i tessuti oculari, e con un alto rischio di recidiva. Una patologia dell'occhio per cui oggi si è aperta una nuova prospettiva grazie all’impiego di cellule staminali ancora poco considerate in medicina: quelle della congiuntiva.
NUOVO TIPO DI INTERVENTO: UN FOGLIETTO DI MEMBRANA AMNIOTICA CON PORZIONI DI STAMINALI DELLA CONGIUNTIVA
Siamo nelle sale operatorie della Clinica Oculistica dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, diretta dal prof. Giorgio Marchini. Qui ogni anno sono circa una cinquantina i pazienti operati per questo danno dell'occhio dalle origini ancora sconosciute, e sempre qui oculisti veronesi e ricercatori di Fondazione Banca degli Occhi hanno lavorato insieme ad una tecnica chirurgica innovativa. Si tratta della cosiddetta SCET (Simple Conjunctival Epithelium Transplantation): una volta rimosso l’eccesso di tessuto dall’occhio, anziché “riparare” il danno lasciato dallo pterigio prelevando e trasferendovi parti sane di congiuntiva dalla restante superficie oculare, si procede ad innestare un foglietto di membrana amniotica sul quale vengono inserite delle porzioni millimetriche di tessuto congiuntivale, già dotate di proprie cellule staminali. In questo modo, la congiuntiva non viene ulteriormente danneggiata e si può rigenerare in autonomia nell’arco di poche settimane.
PTERIGIO, IL NUOVO INTERVENTO SUI PRIMI PAZIENTI E LO STUDIO DEL DECORSO POST OPERATORO
“Prendendo solo parti infinitesimali di biopsia di congiuntiva riusciamo a lasciare pressoché inalterato un tessuto prezioso, che va preservato. Le cellule staminali della congiuntiva si trovano all’interno di “isole di staminalità”: prendendo qualcuna di queste “isole” si può sfruttare la loro capacità rigeneratrice” spiega il prof. Emilio Pedrotti, chirurgo oftalmologo che insieme ai ricercatori di Fondazione Banca degli Occhi Adriano Fasolo e Marina Bertolin, ha portato avanti il progetto.
“Abbiamo testato la tecnica nel laboratorio di Banca degli Occhi, una volta messa a punto la tecnologia l’abbiamo portata in sala operatoria a Verona e applicata sui primi sei pazienti e ne abbiamo osservato il decorso post operatorio per un anno – conferma il prof. Pedrotti -. Dopo l'intervento abbiamo osservato che questo metodo è in grado di risolvere lo pterigio, di creare la funzione di barriera a vantaggio della funzionalità della cornea e di preservare la congiuntiva”.
SVILUPPI FUTURI: UNA TECNICA UTILE PER RICOSTRUIRE IL TESSUTO DELLA CONGIUNTIVA
La tecnica portata avanti insieme ai ricercatori di Fondazione Banca degli Occhi apre nuovi spiragli nell’ambito generale dell’applicazione delle staminali: “La congiuntiva è sempre stata una parte dell’occhio un po’ trascurata dalla ricerca, rispetto ad ambiti più indagati quali la cornea. Molte sono però le possibilità di sviluppo future per aiutarci a ricostituire il tessuto congiuntivale quando questo è carente, come nella ricostituzione in pazienti con glaucoma” conferma anche il Direttore della Clinica oculistica veronese, il prof. Giorgio Marchini.
Il metodo apre inoltre uno scenario interessante sull’utilizzo delle cellule staminali, non solo oculari: “Se creiamo un tessuto dalle nostre cellule, tutte le problematiche legate al rigetto di un tessuto trapiantato vengono a cadere. La medicina - conclude il prof. Pedrotti – andrà sempre più in questa direzione”.
Il DIRETTORE DELLA CLINICA OCULISTICA UNIVERSITARIA DI VERONA, GIORGIO MARCHINI: “L’IMPORTANZA DELLA RICERCA CHE ARRIVA AL PAZIENTE”
Competenze diverse ma perfettamente integrate. Nasce da molto lontano il legame tra Fondazione Banca degli Occhi e la Clinica Oculistica Universitaria di Verona, diretta dal prof. Giorgio Marchini. “La banca degli occhi si occupa di due aspetti di straordinaria importanza: la preparazione dei tessuti per i trapianti di cornea di tutta Italia, e la dotazione di strutture, strumentazioni e competenze umane per fare ricerca di alto livello, basti pensare agli studi sull’utilizzo innovativo delle cellule staminali. Noi invece – riferisce il prof. Marchini - come Clinica Oculistica non solo abbiamo l’interesse dell’assistenza al paziente, ma essendo un Istituto universitario, abbiamo anche il compito di fare ricerca e ricerca clinica”.
L’approccio, spiega il Direttore della Clinica oculistica dell’Azienda Ospedaliera Integrata di Verona, Giorgio Marchini, è quello della traslazionalità: “Il nostro obiettivo non è la ricerca di base astratta, ma la ricerca innovativa applicata ai pazienti. Parlare di cellule staminali è di moda, ma affrontare il tema delle staminali come metodica alternativa per la rigenerazione di tessuti, e fare in modo che questo serva per aiutare le persone, è un risultato concreto. E il progetto che qui illustriamo ne è un esempio di punta, una delle rare occasioni in cui questa metodologia viene applicata”.
maggio 2021